Onorevoli Colleghi! - I casi Bipop e dei bond della Cirio, i prodotti «capestro» della Banca 121, le artificiose compravendite di azioni tra i fondi gestiti dalla SGR Sanpaolo IMI Asset Management «Fondi Azioni Italia», «Soluzione 6» e «Soluzione 7», i bond argentini e il caso Parmalat sono solo alcune delle truffe perpetrate ai danni dei risparmiatori nell'ultimo decennio. Le ingenti risorse finanziarie costituite da anni di risparmio sono state dilapidate, sottratte al sistema produttivo e alla crescita del Paese. Circostanze che hanno messo a nudo le criticità del sistema creditizio e finanziario ed evidenziato l'inadeguatezza degli organi preposti al controllo.
      La presente proposta di legge aggiornando l'analoga proposta di legge degli onorevoli Giudo Rossi e altri, presentata il 4 febbraio 2004 nella XIV legislatura (atto Camera n. 4669), propone una soluzione all'annosa questione dei bond argentini emessi per circa 14 miliardi di euro dai soggetti pubblici della Repubblica argentina e acquistati da oltre 450.000 risparmiatori italiani. La quota posseduta dai risparmiatori italiani rappresenta il 15 per cento dei titoli in default e testimonia l'elevata incidenza sul debito estero argentino. Una scelta dovuta sia a motivi di mercato, sia agli interessanti rendimenti offerti, sia alla naturale propensione verso l'Argentina dovuta a motivi storico-culturali.
      A differenza di altri casi di «risparmio tradito», in questo caso la controparte è uno Stato estero che, a causa della forte recessione economica del gennaio del 2002, ha dovuto sospendere tutti i pagamenti.

 

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È evidente che i risparmiatori italiani non possiedono gli strumenti giuridici per far valere i loro diritti negati, infatti non possono certo intentare una causa per frode, dolo o aggiotaggio nei confronti di uno Stato sovrano. Una posizione di evidente svantaggio nei confronti di un interlocutore dotato delle tutele politiche e diplomatiche che l'ordinamento e le consuetudini internazionali gli accordano. A nostro parere questa peculiarità giustifica, rispetto ad altre dolorose situazioni d'insolvenza finanziaria, un intervento legislativo che colmi le disparità tra i soggetti in campo.
      Ritenendo di difficile esito e di attuazione incerta le azioni legali nei confronti dei beni statali argentini all'estero o la contrattazione diretta tra risparmiatori e Repubblica argentina, i presentatori individuano nell'articolo 47 della Costituzione lo strumento ideale per tutelare il cittadino-risparmiatore nei confronti di un'entità statuale straniera.
      Nel corso degli anni sono nati numerosi comitati e associazioni a difesa dei piccoli risparmiatori. Le trattative con l'Argentina non fanno sperare in una soluzione rapida e, d'altra parte, gli accordi stipulati nel 2003 tra il Fondo monetario internazionale e il Governo argentino non possono considerarsi soddisfacenti.
      A prescindere da come possono evolversi le trattative con l'Argentina, c'è un aspetto rilevante del problema che impone di adottare una soluzione a livello nazionale: le responsabilità degli istituti di credito operanti in Italia e delle società di intermediazione mobiliare (SIM). Questi soggetti hanno collocato i titoli in questione ad ignari risparmiatori in modo talvolta poco trasparente, evitando di avvertire il cliente della rischiosità del titolo o, ancora peggio, piazzandolo nei mesi precedenti il default: operazione a ragione percepita dai risparmiatori come una manovra del sistema bancario per alleggerire il proprio portafoglio da bond ormai divenuti pericolosissimi.
      A tal proposito alcune sentenze, tra le quali quella del tribunale di Mantova del 18 marzo 2004, hanno condannato gli istituti di credito a restituire ai risparmiatori le somme investite ritenendoli colpevoli di non aver fornito un'adeguata informazione circa i rischi connessi alle specifiche operazioni. Purtroppo tali sentenze sono risultate inefficaci in quanto, essendo trascorsi più di cinque anni dalla dichiarazione del crack del dicembre 2001, sono scaduti i termini di prescrizione per chiedere la condanna degli istituti bancari coinvolti.
      Sarà quindi compito del Parlamento, durante l'iter della presente proposta di legge, attingendo ai dati e alle fonti della Banca d'Italia, comprendere quale fu l'entità del passaggio dei bond argentini dai portafogli delle banche ai clienti, soprattutto nell'ultima fase (agosto-dicembre 2001) antecedente alla dichiarazione d'insolvenza. La responsabilità del sistema bancario e finanziario nella vicenda permane, nonostante l'adesione da parte di circa 500 banche e SIM all'associazione Task Force Argentina (TFA) promossa dall'Associazione bancaria italiana per rappresentare gli interessi dei risparmiatori nelle trattative. Coinvolgimento che si può evincere anche dalla circostanza che il Governo argentino ha escluso proprio le banche italiane dalla gestione, a livello locale, della ristrutturazione del debito. Ciò può essere spiegato dal conflitto d'interesse scaturente dal fatto che le banche italiane hanno collocato tra i risparmiatori circa 14 miliardi di bond, di cui una grossa quantità detenuta in portafoglio dagli stessi istituti. L'offerta è poi proseguita fino agli ultimi mesi prossimi al default, quando ormai lo stato di crisi dell'Argentina era evidente.
      Per le ragioni esposte, riteniamo opportuno che le banche siano chiamate in causa e provvedano al risarcimento, seppur parziale, dei risparmiatori, anche in considerazione della considerevole mole d'introiti generati dalle commissioni percepite sulle transazioni di titoli. Aspetto, quest'ultimo, che dovrebbe impedire al sistema bancario italiano di aumentare i costi dei servizi a seguito dell'operazione di riacquisto prevista dalla presente proposta di legge. Del resto, la disciplina in
 

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materia bancaria e creditizia è ispirata alla massima protezione della fiducia per le risorse che i risparmiatori affidano al sistema. Oltre alla tutela della vigilanza sul credito degli organi preposti, è prevista l'obbligatorietà per le banche e per le SIM di aderire ai sistemi di garanzia, previsti dall'articolo 96 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, e dall'articolo 59 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998.
      La soluzione che proponiamo consiste nell'obbligo a carico degli istituti di credito, che hanno collocato obbligazioni di emittenti pubblici argentini, di riacquistare dai propri clienti sottoscrittori i medesimi titoli, liquidando il 70 per cento del prezzo a cui i risparmiatori li hanno acquistati, prevedendo tale rimborso fino ad un limite massimo non superiore a 50.000 euro.
      Al fine di evitare l'utilizzo speculativo di tali disposizioni i risparmiatori beneficiari dovranno avere determinati requisiti, ossia essere persone fisiche, avere la cittadinanza italiana ed essere titolari dei bond pubblici argentini alla data certa del 20 dicembre 2001. È altresì data facoltà ai risparmiatori di aderire al beneficio del «riacquisto parziale»: in caso di accettazione si prevede che il beneficiario rinunci a qualsiasi azione legale nei confronti dell'istituto bancario.
      I costi dell'operazione sono posti in parte a carico delle banche obbligate, in parte a carico dell'intero sistema creditizio, compresa la Banca d'Italia. Pertanto, i commi 2 e 3 dell'articolo 1 della presente proposta di legge dispongono un parziale sostegno economico agli istituti di credito mediante il rimborso del 20 per cento del costo sostenuto per l'acquisto delle obbligazioni, utilizzando risorse finanziarie sia dei sistemi di garanzia, sia derivanti dagli utili netti residui del bilancio della Banca d'Italia.
      In merito all'utilizzo del sistema di garanzia di cui all'articolo 96 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, le norme prevedono l'utilizzo del fondo per i rimborsi dei depositi nel caso specifico di liquidazione coatta amministrativa degli istituti di credito. Nel contempo, sono escluse dalla tutela le obbligazioni.
      Il caso straordinario della questione dei bond argentini impone una riflessione che evidenzia la necessità di rivedere l'operatività del sistema di garanzia alla luce delle seguenti osservazioni. In primo luogo, la destinazione del fondo ad esclusiva tutela dei depositi è coerente con le abitudini dei risparmiatori e con il modo di operare delle banche degli anni novanta.
      A partire dalla fine degli anni novanta, sia a causa della riduzione dei tassi d'interesse che dell'ampliamento dell'attività di intermediazione finanziaria e di consulenza finanziaria degli istituti di credito nei confronti della propria clientela, i depositanti e i piccoli risparmiatori sono stati indotti a trasformare i propri depositi in varie forme di investimento. Pertanto, il risparmio degli investitori privati che si è volatilizzato in bond argentini, in altri tempi sarebbe rimasto «protetto» in semplici depositi bancari ordinari, certificati di deposito e via dicendo.
      Riteniamo che la scarsa professionalità e superficialità con cui le banche hanno collocato ad ignari risparmiatori i bond argentini nella migliore delle ipotesi deve essere parificata ai danni derivanti dalla cattiva gestione degli istituti di credito, che nei casi estremi porta alla liquidazione coatta amministrativa, giustificando il ricorso al fondo di tutela dei depositi. Inoltre, l'articolo 96-bis del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, al comma 1, dispone che «I sistemi di garanzia possono prevedere ulteriori casi e forme di intervento».
      Per consentire la possibilità di utilizzare il fondo citato, con l'articolo 2 della presente proposta di legge si modifica il citato articolo 96-bis, sopprimendo al comma 4 la citazione delle «obbligazioni» fra le categorie d'investimenti esclusi dal rimborso.
 

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      Considerata la necessità di sostenere concretamente i risparmiatori coinvolti, anche al fine di ripristinare un clima di rinnovata fiducia nel sistema bancario e finanziario, auspichiamo la rapida approvazione della presente proposta di legge, nella speranza che la medesima rappresenti anche un deciso ed inequivocabile segnale politico ai dirigenti e al management del settore creditizio. La prospettiva è che tali soggetti gestiscano i rapporti con la clientela con maggiore professionalità, trasparenza, correttezza e capacità informativa e che contribuiscano così anche a formare un'adeguata cultura del risparmio, idonea ad orientare il risparmiatore e a dissuaderlo da scelte tese solo al conseguimento di un utile immediato, sensibilizzandolo sulla rischiosità d'investimenti di questo tipo.
 

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